Crisi Internazionali

Venezuela, è ora di prendere una posizione, prima di subire le conseguenze di posizioni ideologiche lontane dalla realtà

In questi giorni si è parlato molto di Venezuela, e stavo scrivendo le pagine che leggete ora, quando mi sono imbattuta nell’articolo di Paolo Mieli sul Corriere di domenica 21 giugno “Calcoli errati (a ovest)”¹ . Parlava anche lui dello stesso paese ma descriveva una realtà completamente diversa da quella che stavo descrivendo io. Mi chiedo come sia possibile portare avanti delle visioni così parziali del presente, quando i fatti sono sotto i nostri occhi con tutte le loro connessioni.
Immerso come tutti gli altri paesi al mondo nella crisi COVID19, il Venezuela ha registrato un limitato numero di casi – situazione molto poco credibile considerato quanto sta accedendo nei paesi confinanti, in ogni modo gli effetti sull’economia sono stati disastrosi soprattutto perché il crollo del prezzo delle materie prime e, in particolare, del petrolio, ha tagliato una delle più importanti fonti di reddito del Venezuela.

Il Venezuela è devastato da una profonda crisi economica e la popolazione vive una situazione disastrosa

È così che il paese con il maggior numero di riserve petrolifere non solo è a corto di cibo, ma anche di carburante. Le sue raffinerie sono ferme, colpite da una dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti. Già prima dell’embargo era difficile che imprese USA vendessero pezzi di ricambio al Venezuela, dopo il 2017 è diventato impossibile e le riparazioni “artigianali” non sono bastate per degli impianti che hanno bisogno di costante manutenzione operativa. A questo si aggiungono le restrizioni sull’acquisto degli additivi, come l’etanolo, che ha sostituito il piombo nella benzina.

In aiuto del Venezuela l’Iran, che mantiene un’alleanza con il paese iniziata con Chavez e rafforzatasi con Maduro, ha inviato via aereo delle apparecchiature per la raffineria di Carson e cinque navi, con benzina e additivi. Una sfida aperta agli USA con minaccia di ritorsioni verso le navi americane nello stretto di Hormuz, in caso ci fossero interventi sulle navi iraniane. Scartata l’ipotesi militare, gli Stati Uniti hanno solo un’opzione, quella di adottare misure contro le petroliere iraniane.
In cambio dell’aiuto l’Iran sta continuando a ricevere lingotti d’oro dalle riserve venezuelane insieme alla possibilità di gestire direttamente, attraverso suoi direttori, le maggiori raffinerie del Paese. E probabilmente gestisce anche altro, se, come dichiara in un tweet Julio Borges, deputato venezuelano, “Sappiamo che dei consulenti militari iraniani hanno tenuto dei corsi all’interno della Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB) sulla propaganda e la guerra popolare prolungata; fa parte degli sforzi che Cuba ha già compiuto per esercitare il controllo sulle
comunicazioni dei vari comandanti della FANB
”².

Ma non finiscono qui le connessioni con l’Iran delle quali è protagonista Tareck El Aissami, nominato Ministro del petrolio in maggio, ricercato dagli Stati Uniti e sospettato di supporto a Hezbollah, il “partito di Dio”, proxy iraniano, che controlla vaste fasce di territorio in Venezuela, e guida il traffico di droga e l’estrazione illegale di minerali preziosi come diamanti, coltan, uranio, torio e l’oro.
Quando era Ministro dell’Interno fu proprio Tarek al Assaimi, che è di origine siriano-libanese, a fornire passaporti e carte d’identità per gli affiliati di Hezbollah che arrivavano in Venezuela. Imputato dagli USA per traffico di droga nel 2017, è stato di nuovo accusato in aprile di quest’anno dal tribunale federale statunitense per aver partecipato a una presunta cospirazione narcoterrorista con i ribelli colombiani per
inondare gli Stati Uniti di cocaina (200 – 250 tonnellate, che corrispondono a 30 milioni di dosi), al fianco di Maduro.

In seguito all’accusa è stata proposta una taglia di 10 milioni di dollari per informazioni che portino all’arresto di El Aissami e 15 milioni di dollari per l’arresto di Maduro.

Attraverso il narcotraffico in Venezuela Hezbollah, come pure Hamas, contribuiscono a finanziare le attività delle loro milizie e, nello stesso tempo, sono diventati protagonista e sponsor di un regime che spoglia il Venezuela delle sue risorse, per mantenere se stesso e i propri sostenitori, portando la popolazione alla fame.
Chi continua a descrivere Maduro come un presidente comunista che resiste contro l’avanzata del capitalismo diventa complice oggi di una cleptocrazia che ha portato il paese a un tasso di povertà del 94%, caratterizzato da repressione politica, declino dei servizi, del sistema sanitario e della scuola, corruzione e scandali. Un report delle Nazioni Unite dello scorso anno diceva “Malattie prevenibili come tubercolosi, difterite, morbillo e malaria sono riemerse nel paese e sono in aumento, come l’epatite A, a causa della mancanza di accesso ad acqua potabile sicura”. A quanto ammonteranno oggi i dati veri del COVID19, considerando che la maggior parte degli ospedali mancano di corrente elettrica, acqua e sapone, che i posti in terapia intensiva sono solo 163, che a Caracas non c’è neanche macchina per la risonanza magnetica funzionante e nei quaranta ospedali principali del paese ci sono solo 200 ventilatori polmonari? Per dare un’ulteriore misura della gravità, si pensi che mentre
una bottiglietta di gel disinfettante costa tra i 3 e i 5 dollari, lo stipendio mensile di un medico va dai 6 ai 15 dollari, quello degli infermieri è di circa 3 dollari.

In questo quadro, il governo usa la pandemia come occasione per rafforzarsi, con polizia, esercito, forze speciali di polizia (FAES) e gruppi armati vicini al governo che devono vigilare sulle misure d’isolamento, responsabili di arresti arbitrari e aggressioni.
Nell’articolo sul corriere si afferma che “una parte di popolo venezuelana, probabilmente maggioritaria, è schierata con il governo” piuttosto che con Guaidò³. È un po’ come dire che in Italia ai tempi del fascismo la maggioranza degli italiani erano fascisti, o in Germania, al tempo di Hitler, la maggioranza dei tedeschi erano nazisti. Vorrei chiedere a Mieli cosa pensi delle uccisioni extragiudiziali, dei sequestri, delle detenzioni segrete e torture di cittadini venezuelani documentate da associazioni per i diritti umani ed utilizzate come strumento di repressione politica dell’opposizione 4. Non è forse questo un mezzo per ottenere il “probabile supporto della maggioranza della popolazione al governo?”

Credo fermamente che il nostro Paese non possa continuare a “non prendere la parte di nessuno”. La posta in gioco non è solo il rispetto dei diritti di un popolo, che sta emigrando in massa per sfuggire alla fame, e che è composto anche da circa un milione di discendenti italiani, ma anche l’effetto che un Paese corrotto porta sulla sicurezza e stabilità internazionale.
Riciclaggio globale di denaro, corruzione, narcotraffico, estrazione illegale di minerali, e il ruolo di supporto di nazioni straniere e attori non statali 5 con i quali ci confrontiamo a livello regionale – nel Mediterraneo – e internazionale, fanno di Maduro il capo di un regime al centro di una rete criminale, che gli permette di restare al potere nonostante le sanzioni e le pressioni internazionali.
Nelle crisi il tempo della decisione è una variabile importante e se chi deve decidere non lo fa, saranno altri a decidere per lui.

Elisabetta Trenta


1 Paolo Mieli, “Calcoli errati (a ovest)”, Corriere della Sera, domenica 21 giugno 2020, https://www.corriere.it/editoriali/20_giugno_20/venezuela-non-solo-troppi-calcoli-errati-ovest-398b0a9c-b31d-11ea-8839-7948b9cad8fb.shtml?refresh_ce-cp

2https://twitter.com/JulioBorges/status/1275037476030160896?s=20

3 Il 23 gennaio 2019 il presidente dell’Assemblea nazionale Juan Guaidò, leader dell’ opposizione, si proclamò presidente pro tempore, per favorire una transizione post Maduro attraverso la convocazione di nuove elezioni

4https://rfkhumanrights.org/assets/images/RFKHumanRights-VenezuelaDisappearances-Spanish.pdf

5 “Identifying and Responding to Criminal Threats from Venezuela”, CSIS Briefs, 22/6/2019, https://www.csis.org/analysis/identifying-and-responding-criminal-threats-venezuela