Bolle Covid free, Covid 19, Strategia Vaccinale, Sviluppo Locale

ISOLE E BOLLE

Piccole Isole, bolle covid free: se ne discute in Italia, dopo la decisione della Grecia di vaccinare tutta la popolazione delle #piccoleisole, alcune delle quali mai toccate dal #covid19, per prepararle a una stagione estiva che garantisca i loro abitanti e incoraggi i turisti.

Se ne discute, ma per ora, come ha ricordato il Commissario Figliuolo, occorre mantenere la priorità vaccinale per gli over 80, 70 e 60 e, forse, dopo, si potrà flessibilizzare il piano vaccinale abbandonando il neoconquistato criterio basato sull’ età anagrafica.

L’idea delle isole #bollecovidfree in linea di principio non è sbagliata e tante sono anche le perle turistiche che possono avere non solo un sollievo per la popolazione locale, ma anche deciso vantaggio competitivo in termini turisitici e culturali da una seria e composta campagna che si basi su reali criteri di priorità sanitaria e di sicurezza (una piccola isola, come pure una comunità montana isolata, ha comunque bisogno di una modalità di vaccinazione localizzata e personalizzata per via delle difficoltà logistiche che comporterebbe inserirla nelle ordinarie logiche di turnazione del continente).
Dagli arcipelaghi sardi, alle isole toscane, alle perle del golfo di Napoli, alle Tremiti, alle Egadi, alle Lipari e alle Pelagie, tante isole, anche quelle maggiori, potrebbero godere di una tale decisione.

Isole Egadi – Levanzo


Quello che è importante sarà individuare un criterio univoco, un metodo di serietà che certifichi a tutti la reale sanificazione della “bolla”, e garantire innanzitutto alle popolazioni locali, ma poi come elemento di credibilità anche ai turisti che si avvicinano, reali metodi di selezione e limitazione degli accessi sulla base dei limiti di contenimento prescritti e dei parametri via via misurati.
Ogni artificio, ogni caduta o tentativo di aggiramento in una situazione ipercritica che dovesse portare a richiudere la finestra aperta in pochi giorni, comporterebbe effetti mortali per ogni ipotesi a seguire per periodi proprozionalmente ampi.
C’è tutto il tempo – quello necessario a vaccinare anziani e fragili – per identificare bene le strategie di vaccinazione e, soprattutto, le strategie d’accesso per le piccole isole e per valutare la fattibilità del provvedimento nelle grandi isole. Certo che l’insularità permette una protezione importante se si prendono i giusti provvedimenti. #ElisabettaTrenta #PensareilFuturo #InsiemeSiamoPiùForti #RipartiamoInSicurezza

Isole Tremiti – San Nicola

Fondi Strutturali, Sviluppo Locale, Unione Europea

Spendere tutto e spendere bene

L’ITALIA CONTINUA A SPENDERE CON DIFFICOLTA’ I FONDI STRUTTURALI.

Il 21 dicembre la Corte dei Conti ha approvato la Relazione 2017 su “I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari”. 

 

Le notizie non sono buonissime: L’Italia nel 2016 ha continuato a essere un contribuente netto, cioè, alla fine del 2016 i versamenti effettuati al bilancio comunitario erano superiori alle risorse ricevute in accredito per per 4,4 miliardi di Euro. Questo significa che non riusciamo a spendere risorse preziose per il Paese.

Inoltre, a giugno 2017 – e cioè a metà della programmazione 2014-20120 – solo il 10,19% dei fondi programmati erano stati impegnati, e solo il 3,16% erano stati pagati.

Si tratta di valori molto bassi – inferiori a quelli registrati dal programma precedente (2007-2013) più o meno nello stesso periodo – e meritano una riflessione.

E’ vero che alla fine il programma 2007-2013 si è speso quasi totalmente, ma la valutazione sull’efficacia del programma non va fatta soltanto sulla base del livello della spesa ma sulla sua qualità.

Molto spesso infatti, pur di spendere, si sono usati “trucchi contabili” e sostituiti progetti che “tiravano” ai progetti programmati. E’ chiaro che in questo modo si può anche riuscire a spendere tutto, ma non è detto che saranno raggiunti i risultati previsti dal programma in termine di programmazione.

Un ulteriore osservazione da fare è che analizzando i dati per l’attuazione per regione, emerge che i dati riferiti alle regioni meno sviluppate mostrano livelli di impegno inferiori anche all’1% (ad eccezione del FSE) con una quota bassissima di pagamenti. Le regioni più sviluppate hanno invece una capacità di attuazione maggiore sia sul FESR che sul FSE (in media il 18,49% e il 19,59% di impegni sul Programmato, e il 5,10% e 8% di pagato sul programmato).

Nota la Corte del Conti che il permanere di questa disparità invece di “far diminuire le differenze di sviluppo” tenderà a farle aumentare.

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La Corte dei Conti invita a migliorare la capacità di programmazione e rammenta i rischi che si stanno correndo:

  • impossibilità di realizzare gli obiettivi programmati;
  • la perdita di finanziamenti europei essenziali per perseguire le politiche di sviluppo sociale e produttivo;
  • “perdita di vista” di somme ingenti del bilancio nazionale e regionale a seguito del “passaggio” di progetti importanti da una fonte di finanziamento all’altra.

Il Regolamento (UE) n.1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio prevede la riserva di efficacia dell’attuazione, che corrisponde al 6% dei Fondi FESR, FSE e FC in riferimento all’Obiettivo crescita e occupazione, che sarà verificata nel 2019 sulla base degli indicatori previsti nel quadro di riferimento dell’efficacia dell’attuazione. La Corte ricorda che “la previsione in questione potrebbe certamente costituire un importante incentivo a migliorare la programmazione e quindi la spesa, tenendo conto che l’eventuale riassegnazione delle risorse così liberate resterebbe su Programmi dello stesso Stato membro“.

I dati della Corte dei Conti non sono stati accolti favorevolmente dal Governo, che ha paura che possano minare la campagna elettorale. Il Ministro per la Coesione Territoriale, Claudio de Vincenti, ha risposto che i dati che valgono sono quelli di fine dicembre, in linea con le previsioni della Commissione europea, che attestano la spesa dei fondi strutturali a 2,6 miliardi di euro (5,2% dei fondi Fesr e Fse).

Mentre si discute sui dati relativi all’attuazione, una preoccupazione maggiore nasce dalle discussioni sul futuro dei Fondi Strutturali in Italia dopo il 2020. Per effetto della Brexit infatti l’Europa potrebbe perdere tra i 12 e i 15 miliardi l’anno e questa riduzione potrebbe ripercuotersi sui fondi strutturali con un taglio che potrebbe toccare il 15 o anche il 30%.

Un motivo in più per spendere tutti, e spendere bene, i fondi a disposizione del programma 2014-2020.