POLITICA ITALIANA

Altro che semplificazione: come si complicherebbe il processo legislativo in caso di una vittoria del si al referendum

Secondo il progetto di riforma della costituzione la funzione legislativa è esercitata dalla Camera dei deputati (art. 55, quarto comma, Cost.) mentre il Senato “concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione” (art. 55, quinto comma, Cost.). L’abolizione del bicameralismo perfetto viene presentata come una semplificazione, ma non è proprio così. Vediamo perché.

Intanto diciamo che, anche se alcuni autori descrivono questo sistema come monocamerale, in realtà altri parlano di “procedimento eventualmente bicamerale” (in contrapposizione a “necessariamente bicamerale”) o “leggi bicamerali asimmetriche” (distinte dalle “bicamerali paritarie”), in virtù del fatto che anche la decisione del Senato di non partecipare al procedimento di approvazione rappresenti comunque una modalità di esercizio (negativo) del potere legislativo. La faccenda si sta già complicando.

Diamo una prima occhiata alla lunghezza dei due art 70, quello in vigore e quello eventuale: l’articolo 70 della costituzione vigente è composto da 9 parole (“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.”) mentre il proposto nuovo art 70 ne contiene 438 [2] e tale differenza non è solo una questione di parolosità: la faccenda infatti si è proprio complicata. La realtà è che se oggi abbiamo un procedimento di approvazione delle leggi, se passasse la riforma potremmo averne fino a 10 [3] . Eccoli qui di seguito indicati:

1) PROCEDIMENTO BICAMERALE
Per le materie previste dall’art 70 co.1 (Nota 2) la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere.

2) PROCEDIMENTO MONOCAMERALE
La legge è approvata dalla Camera ed il Senato può esaminare il testo e deliberare proposte di modifica, secondo l’iter di seguito spiegato:
• Presentazione del testo alla Camera dei deputati, che lo esamina in prima lettura dopo l’ istruttoria in Commissione.
• Se la Camera approva il testo, questo viene inviato al Senato.
• Il Senato decide se esaminare o no il testo. Infatti, entro 10 giorni su richiesta di un terzo dei suoi componenti, il Senato può disporre se esaminarlo. In merito a questo punto non è chiaro se ricevuta la richiesta sia necessaria una votazione da parte dell’assemblea per poter procedere all’analisi del testo. Secondo me, visto che l’articolo dice “può disporre” significa che potrebbe anche non disporre. Ritengo quindi che la votazione sia prevista. Probabilmente se lo è, i 10 giorni sono il termine entro il quale si devono verificare sia la richiesta che la votazione in merito.
• A questo punto il Senato ha 30 giorni entro i quali poter suggerire delle modifiche al disegno di legge che viene nuovamente trasmesso alla Camera. Sul punto andrebbe chiarito se i 30 giorni partono dallo scadere dei 10 (quindi sono in tutto 40, o se partono dal momento della richiesta di esaminare il testo).
• Il testo torna alla Camera dei Deputati che discute le proposte di modifica del Senato e lo approva in via definitiva (art 70 co 4). In merito a questa approvazione i costituzionalisti scrivono che non è chiaro se la Camera possa andare a modificare anche parti del disegno di legge già approvato sulle quali non siano arrivate richieste di modifica da parte del sentato, e in quali termini possa intervenire sulle parti oggetto di proposte di modifica da parte del Senato, cioè se debba solo accettare le integrazioni/modifiche, o se possa rivedere l’intero articolo. Probabilmente su questo dovrà intervenire il regolamento parlamentare, che dovrà anche chiarire se la Camera deve rivotare per intero il testo dopo aver non approvato le singole modifiche del Senato o se le modifiche , prima di essere votate, non debbano essere preliminarmente analizzate dal presidente della Camera.
• Dopo l’approvazione definitiva della Camera, la legge è inviata al Presidente della Repubblica per essere promulgata; Cosa che avviene anche se il Senato non ha richiesto l’esame del testo o se siano decorsi i termini per la richiesta.

3) PROCEDIMENTO MONOCAMERALE RINFORZATO
Il Senato, entro 10 gg dalla data di trasmissione, esamina le leggi di cui all’articolo 117, quarto comma [4] della Costituzione (approvate in forza della cosiddetta clausola di supremazia) e può proporre modifiche a maggioranza assoluta dei propri componenti; la Camera può discostarsi da esse con un voto espresso, anch’esso, a maggioranza assoluta dei propri componenti (articolo 70, 4° comma).
4) PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE LEGGI DI BILANCIO E RENDICONTO CONSUNTIVO (ART 81)
I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione (articolo 70, 5° comma). Il Senato ha l’obbligo di esaminare i testi ma non sono richieste maggioranze qualificate.
5) PROCEDIMENTO ABBREVIATO PER RAGIONI DI URGENZA
già previsto dalla Costituzione vigente (articolo 72, secondo comma  [5]);
6) PROCEDIMENTO A DATA CERTA
Per i disegni di legge governativi ritenuti “essenziali per l’attuazione del programma di Governo” il Governo può chiedere alla Camera di iscriverlo all’ordine del giorno con priorità e di pronunciarsi definitivamente entro settanta giorni dalla deliberazione (articolo 72, 7° comma).

7) PROCEDIMENTO DI APPROVAZIONE DELLE LEGGI DI CONVERSIONE DEI DECRETI-LEGGE
Il Governo, il giorno stesso dell’adozione dei decreti, li presenta per la conversione alla “Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Su questa procedura ci sono molti dubbi, uno per esempio riguarda il fatto che l’esame da parte del Senato è disposto entro trenta giorni dalla presentazione del decreto alla Camera ma la Camera ha 40 giorni per trasmetterlo al Senato, quindi potrebbe accadere che il Senato decida di non intervenire ma poi non sia d’accordo con gli emendamenti al disegno di legge di conversione fatti dalla Camera sui quali però, non avendo deliberato di intervenire nei trenta giorni, non ha più possibilità di proporre modifiche”. La conseguenza probabile è che il Senato deciderà di “intervenire sempre, per tutelarsi di fronte a possibili emendamenti approvati dalla Camera”[6] .

8) PROCEDIMENTO AVVIATO SU RICHIESTA DEL SENATO,
Con deliberazione adottata a maggioranza assoluta, il Senato può richiedere alla Camera di esaminare un disegno di legge e la Camera si deve pronunciare entro sei mesi dalla data della deliberazione del Senato (articolo 71, secondo comma);

9) PROCEDIMENTO RELATIVO ALLE PROPOSTE DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE
L’articolo 71, 3° comma dice che nel caso di proposte di iniziativa popolari la discussione e la deliberazione conclusiva devono essere garantite nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari

10) PROCEDIMENTO RIGUARDANTE LE LEGGI DI DISCIPLINA PER L’ELEZIONE DEI MEMBRI DELLA CAMERA E DEL SENATO,
secondo l’ articolo 73, 2° comma, tali leggi possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, all’esame preventivo di legittimità costituzionale su richiesta motivata di almeno un quarto dei componenti della Camera o di un terzo dei membri del Senato.
I dubbi che emergono dall’analisi del procedimento legislativo sono tantissimi e l’attribuzione delle materie all’uno o all’altro percorso non è sempre univocamente determinata. L’art 670 dice pure che eventuali questioni di competenza sono decise d’intesa dai Presidenti di Camera e Senato, il che, per esempio in un’ ipotetica situazione con una Camera a maggioranza 5 stelle ed un Senato, come sarebbe oggi se vincesse il si, a maggioranza PD, porterebbe ad ulteriori lentezze se non proprio all’immobilismo.
Siamo sicuri che si vada verso la semplificazione?

Perché accontentarsi di un progetto di revisione confuso e pasticciato? La nostra costituzione merita di più!

[1] Vd http://www.altalex.com/documents/news/2016/09/27/riforma-costituzionale-il-procedimento-legislativo-dal-singolare-al-plurale#_ftn9

[2]Nuovo art. 70: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di Senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati”.

[3] Emanuele Rossi, “Una costituzione migliore? Contenuti e limiti della riforma costituzionale” (Pisa University Press).

[4] “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.”

[5] “I regolamenti stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.”

[6] E. Rossi Procedimento legislativo e ruolo del Senato nella proposta di revisione della Costituzione, in Le Regioni, 2015

 

POLITICA ITALIANA

I parlamentari e la rappresentanza della nazione – Osservazioni alla proposta di revisione costituzionale.

Ho deciso di pubblicare dei brevi articoli in cui analizzo il progetto di revisione costituzionale e spiego perché non mi convince.

L’art. 67 della Costituzione vigente dice che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato“. Nel progetto di riforma sul quale andremo a votare si dice che i soli deputati rappresentano la nazione” (art. 55). E allora, chi rappresentano i senatori? I senatori rappresentano le istituzioni territoriali. Vediamo cosa c’è che non va e perché.

L’obiettivo dei costituenti all’origine dell’art 67 era nobile: una volta eletti i parlamentari non avrebbero dovuto rappresentare soltanto l’interesse del partito ma assumersi la responsabilità di agire per il bene di tutto il popolo. Diceva Pietro Calamandrei: «Affinché il Parlamento funzioni a dovere, bisogna che sia una libera intesa di uomini pensanti, tenuti insieme da ragionate convinzioni, non solo tolleranti, ma desiderosi della discussione e pronti a rifare alla fine di ogni giorno il loro esame di coscienza, per verificare se le ragioni sulle quali fino a ieri si son trovati d’accordo continuino a resistere di fronte alle confutazioni degli oppositori. Il regime parlamentare, a volerlo definire con una formula, non è quello dove la maggioranza ha sempre ragione, ma quello dove sempre hanno diritto di essere discusse le ragioni della minoranza». Insomma i padri costituenti non prevedevano certo che i parlamentari fossero dei voltagabbana ma neanche dei funzionari di partito. La loro responsabilità è una responsabilità di tipo “politico” e non un “mandato imperativo”. Prima di arrivare ad approvare l’art 67 la discussione fu lunga ed ancora oggi si discute sulla validità o no dell’assenza di mandato. Le contestazioni che faccio al progetto di riforma non entrano in merito del vincolo di mandato ma toccano la logica intrinseca degli articoli in questione riformati. In particolare rilevo i seguenti punti:

1) Palese contrasto tra la previsione della rappresentanza di “interessi territoriali” da parte dei senatori con l’art. 70 che prevede tra le competenze del nuovo senato la “partecipazione alle decisioni dirette alla formazione ed all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione Europea” (art. 70), interesse di natura assolutamente nazionale e non territoriale. Come pure è di interesse nazionale la funzione legislativa riguardante le leggi di revisione della costituzione e le altre leggi di revisione costituzionale.

2) Se i senatori non rappresentano più la nazione ma i le istituzioni territoriali, per logica non dovrebbero agire senza vincolo di mandato (come l’art 67 prevede per tutti i membri del parlamento) ma con vincolo di mandato rispetto all’ente che rappresentano.

3) Nel nuovo senato ci saranno fino a 5 senatori, nominati dal Presidente della Repubblica tra “i cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Poiché tali senatori non rappresentano la nazione e non rappresentano neanche i territori visto che non solo nominati dalle regioni, chi rappresentano?

4) Tra i senatori sono presenti gli ex presidenti della Repubblica (art. 59). Anche questi, che hanno rappresentato la nazione al livello più alto, cesseranno di rappresentarla senza rappresentare però le Regioni, visto che non sono stati nominati da esse.

Infine, è assai confuso come verranno eletti i 95 senatori che rappresenteranno le istituzioni territoriali (76 consiglieri e 21 sindaci).

Perché accontentarsi di un progetto di revisione confuso e pasticciato? La nostra costituzione merita di più!

POLITICA ITALIANA

L’elezione del Presidente della Repubblica – Osservazioni alla proposta di revisione costituzionale.

Oggi analizzo il processo di ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, secondo il progetto di riforma costituzionale. L’articolo 83 dice che il Presidente è eletto a scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal  settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.

Se facciamo i calcoli scopriamo che il presidente può praticamente essere eletto dal solo governo.

L’assemblea che elegge il presidente infatti secondo il nuovo art 83 è formata dai 630 deputati, più 100 senatori, più gli ex presidenti senatori a vita. In tutto si tratta quindi di circa 730 membri (quella secondo la costituzione vigente è di 1008 membri in quanto comprende anche 58 delegati reginali). Supponiamo che gli elettori siano 732.

Nei primi tre scrutini occorre il voto favorevole di 488 votanti;  Dal 4° al 6° scrutinio ne servono 440. Dal 7° scrutinio, considerando che perché la seduta sia valida devono essere presenti il 50% più uno dei componenti (quindi 732/2+1) cioè 367 membri, potrebbero bastare 221 voti (i 3/5 di 367).

Ora, tenuto conto che con la legge elettorale vigente il governo in carica, con premio di maggioranza, avrà 340 deputati (senza contare i senatori), raggiungere 221 voti sarà un gioco da ragazzi per il governo. Secondo me, un presidente così eletto, sarà con grande difficoltà il presidente di tutti.

In un articolo su Huffinton Post Tomaso Montanari fa notare che con questo articolo, dal 7° scrutinio in poi il Presidente potrebbe essere eletto anche da 3 persone su 5 votanti. Infatti se è vero che devono essere presenti il 50% più uno degli aventi diritto, l’articolo dice solo che il presidente è eletto dai 3/5 dei votanti.

Perché accontentarsi di un progetto di revisione confuso e pasticciato? La nostra costituzione merita di più!